Genova
Siena
Trieste

Canale Youtube

I tesori del Museo Nazionale dell’Antartide: interviste tematiche rivolte agli insegnanti ed allievi delle scuole superiori di I e II grado  inerenti la ricerca in Antartide a partire dalle collezioni dei reperti conservate presso il Museo Nazionale dell'Antartide.


Climate in Antarctica from Sediments and Tectonics

CLAST è una applicazione per iPad didattica e interattiva, sviluppata per spiegare argomenti di Geologia e Scienze della Terra.


 

Darwin - L'origine delle specie
Darwin - L'origine delle specie
Darwin - L'origine delle specie
Flexhibit

Far lavorare gli studenti come se fossero dei piccoli scienziati che organizzano una mostra sulle scienze polari.


 

La Sede Associata del Museo Nazionale dell’Antartide di micologia è stata istituita nel 2006; essa consta di una collezione di rocce colonizzate e di colture fungine (CCFEE, Culture Collection of Fungi From Extreme Environments) da esse isolate. La collezione è conservata presso il Laboratorio di Botanica Sistematica e Micologia del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche (DEB), Università degli Studi della Tuscia, Viterbo (I).
Tale collezione, unica al mondo, è nata alla fine degli anni ’80 come frutto delle ricerche micologiche svolte in Antartide nell’ambito del PNRA (Programma Nazionale per le Ricerche in Antartide); essa include campioni raccolti nel corso di oltre 20 anni di spedizioni italiane in Antartide, per la maggior parte provenienti dalle aree deglaciate della Terra Vittoria, e numerosi ceppi donati nel 2000 da I.E. Friedmann (Florida State University), lo scopritore della vita endolitica nei deserti. Essa ospita ceppi fungini antartici, isolati da vari substrati quali suolo, muschi, licheni e, soprattutto, rocce colonizzate da comunità di funghi e licheni criptoendolitici, che crescono cioè all’interno della roccia, immediatamente al di sotto della superficie. Attualmente la collezione conta circa 1000 ceppi fungini, numero destinato a crescere grazie a nuovi isolamenti effettuati da rocce provenienti da ambienti estremi di tutti e sette i continenti (ad es. Himalaya indiano, Ande, Alpi, Salaar boliviano, deserti australiano ed algerino) ottenute grazie alla collaborazione di alpinisti, guide e viaggiatori. La collezione si arricchisce continuamente anche grazie alle collaborazioni ed agli scambi con altri centri di ricerca ed Università italiane e straniere.
La CCFEE ospita funghi filamentosi, lieviti e funghi neri meristematici; questi ultimi, fortemente melanizzati, sono capaci di tollerare valori estremi di temperatura, irraggiamento e stress osmotico. La loro incredibile resistenza è dovuta ad alcuni caratteri morfologici e fisiologici; a causa della loro scarsa differenziazione il loro studio sistematico richiede necessariamente l’applicazione di tecniche molecolari. Tutti i dati relativi alla collezione sono schedati in un database in formato Access.

Le attività della Sezione comprendono:

  • conservazione a -20°C delle rocce in sacchetti per campionamento sterili, opportunamente etichettati;
  • isolamento, classificazione (morfologica e molecolare);
  • conservazione dei microfunghi isolati nella CCFEE sia su agar slant che in forma congelata (-80°C);
  • conservazione dei lieviti in forma liofilizzata.

Diverse linee di ricerca gravitano intorno alla collezione, tra cui ricordiamo gli studi di “biodiversità ed evoluzione” e quelli di “adattamento e sopravvivenza”. In particolare i funghi meristematici neri sono oggetto di indagini molecolari basate sullo studio delle regioni ITS, LSU, SSU dell’rDNA nucleare e mtSSU dell’rDNA mitocondriale. Gli studi di filogenesi molecolare hanno consentito attualmente di descrivere 6 nuovi generi e 11 nuove specie e di far luce sui processi evolutivi che hanno portato all’adattamento in condizioni estreme. Inoltre, studi dedicati hanno dimostrato la capacità di questi organismi in condizioni spaziali simulate e reali. Nell’ambito del programma LIFE (LIchens and Fungi Experiment), alcuni ceppi antartici sono stati, infatti, esposti in condizioni spaziali reali per un periodo di 1,5 anni all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Una volta recuperati, la loro sopravvivenza è stata testata attraverso analisi colturali, colorometriche e con tecniche di PCR. I risultati di questo esperimento costituiscono un contributo significativo al fine di chiarire la possibilità di trasferimento interplanetario della vita.

Responsabile scientifico:
Dott.ssa Laura Selbmann (selbmann@unitus.it)

Contatti:
onofri@unitus.it
tel. +39 0761 357012

Dove siamo:
Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche
Università degli Studi della Tuscia
Largo dell’Università snc 01100
Viterbo

Orari:
Al momento non esiste un’esposizione, ma i laboratori sono visitabili su richiesta.