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I tesori del Museo Nazionale dell’Antartide: interviste tematiche rivolte agli insegnanti ed allievi delle scuole superiori di I e II grado  inerenti la ricerca in Antartide a partire dalle collezioni dei reperti conservate presso il Museo Nazionale dell'Antartide.


Climate in Antarctica from Sediments and Tectonics

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Darwin - L'origine delle specie
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Far lavorare gli studenti come se fossero dei piccoli scienziati che organizzano una mostra sulle scienze polari.


 

Le meteoriti sono rocce di origine extraterrestre, catturate dal campo gravitazionale della Terra. Al loro ingresso nell'atmosfera danno luogo a scie luminose e boati che le hanno rese evidenti sin dall'antichità. Oggetti di venerazione e patrimonio dell'immaginario mitologico almeno fino alla fine del diciottesimo secolo, sono per la scienza moderna un modo economico per studiare la natura dei corpi celesti quali asteroidi, Luna e Marte.

Meteoriti in Antartide

L'Antartide è la regione del pianeta più produttiva per la ricerca di meteoriti. Trenta anni di spedizioni hanno portato al recupero di alcune migliaia di esemplari, pari al numero di meteoriti trovate nel resto del mondo in tutti i tempi. La straordinaria fertilità è dovuta a tre fattori:

  1. Facile individuazione delle meteoriti sul ghiaccio

Per attrito con l'atmosfera terrestre, l'esterno delle meteoriti fonde. Si forma così la caratteristica crosta di fusione. Il suo colore nerastro fa sì che anche una meteorite più piccola di un chicco di caffè sia ben visibile sulla superficie dei ghiacci antartici.

  1. Favorevoli condizioni di conservazione nel tempo

Il clima polare, freddo e asciutto, riduce a poca cosa la presenza di acqua liquida, che è il principale agente di degradazione chimica e fisica delle rocce (promuove l'attacco idrolitico e l'azione gelo-disgelo). Con tecniche di datazione isotopica si stima che una meteorite caduta in Antartide sopravviva fino al milione di anni, mentre in condizioni di clima temperato, o anche di deserto caldo, solo poche decine di migliaia di anni.

  1. Presenza di meccanismi di accumulo glaciale

Il flusso dei ghiacci antartici concentra in aree di pochi chilometri quadrati le meteoriti cadute sui milioni di chilometri quadrati dell'altopiano polare. Dopo la caduta, col susseguirsi delle precipitazioni nevose, le meteoriti vengono sepolte nel ghiaccio. Il ghiaccio, per gravità, scorre verso il mare portandosi dietro il suo carico di meteoriti; tuttavia, se incontra un ostacolo quale una catena montuosa non può progredire indisturbato ma, ad esempio, risale contro la barriera. I forti venti polari rimuovono continuamente il ghiaccio in risalita (ablazione superficiale), si forma così un affioramento di ghiaccio profondo e antico, il ghiaccio blu, sulla cui superficie emergono e si accumulano le meteoriti.

La scelta delle aree da esplorare è generalmente basata sullo studio di foto aeree e immagini da satellite (LANDSAT TM), che mostrano le aree di ghiaccio blu e forniscono importanti informazioni sui flussi del ghiaccio. Segue poi la ricerca sul terreno per verificarne la reale produttività. Non tutte le aree infatti lo sono: ad esempio, ciò accade ove agiscono venti capaci di spazzare via le meteoriti dall'area di ghiaccio blu, oppure dove le condizioni glaciali, per quanto oggi favorevoli, non hanno agito abbastanza a lungo per creare un accumulo di meteoriti.

Le aree di concentrazione di meteoriti si trovano sul bordo dell'altopiano polare, oltre i 2.000 metri di quota. La maggior parte si allinea lungo la catena delle Montagne Transantartiche, il principale ostacolo al flusso della calotta glaciale verso il mare. Alcune delle aree di concentrazione più fertili sono: Yamato Mountains, Allan Hills e Frontier Mountain.

Le aree di ghiaccio blu vengono esplorate con elicottero e motoslitte. La campagna di ricerca viene svolta da gruppi di quattro/dieci persone, mobili sul terreno con motoslitte e dotati di quanto necessario (tende, viveri, combustibile, radio, ecc.) per operare in condizioni di sicurezza nella breve estate antartica. Accertata la presenza di meteoriti, si procede a piedi. La procedura di raccolta segue un attento protocollo: foto, descrizione del campione a mano e confezionamento in sacchetti numerati di teflon, mantenuti congelati fino al loro arrivo in laboratorio. Ciò per minimizzare la contaminazione dei campioni ed evitare l'alterazione che verrebbe innescata dalla fusione del ghiaccio che spesso occupa le fratture delle meteoriti. In laboratorio, le meteoriti vengono poi essiccate e sezionate per la classificazione, lo studio in centri di ricerca e la conservazione in musei di tutto il mondo. La misura in laboratorio della loro età e delle loro proprietà chimiche, fisiche e strutturali fornisce un importante contributo alla conoscenza della materia originaria del Sistema Solare e dei meccanismi attraverso cui si è passati, in 4.600 milioni di anni, dallo stato di nebulosa solare alla attuale organizzazione in pianeti, asteroidi e comete in orbita intorno al Sole.

Oltre all'abbondanza di ritrovamenti, anche altri motivi spingono i programmi scientifici nazionali (USA, Giappone, Italia, Germania, Francia, Cina) ad investire ingenti risorse umane e tecnologiche per intraprendere ricerche di meteoriti in Antartide. Accanto a meteoriti già presenti nelle collezioni provenienti dalle altre parti del mondo, l'Antartide offre numerosi esemplari rari o unici, che forniscono informazioni altrimenti non disponibili. Tra questi, numerosi tipi di condriti carboniose (le rocce che rappresentano la materia primordiale del Sistema Solare) nonché frammenti della superficie della Luna e di Marte.

Le meteoriti antartiche, inoltre, forniscono dati poco o nulla disturbati da scambi chimici: ad esempio, la contaminazione organica delle meteoriti antartiche è sicuramente inferiore a quella delle meteoriti non antartiche che vengono a contatto con gli acidi umici del terreno. Sono quindi i più efficaci testimoni della materia organica (e delle possibili condizioni di vita) extraterrestre. Rilevanti sono, ad esempio, gli studi in corso sulla meteorite antartica ALH 84001, trovata nel 1984 ad Allan Hills, che hanno portato all'ipotesi di vita batterica sul pianeta Marte 3.600 milioni di anni fa.

 

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